Sudan: ha stato davvero Putin?

In questi ultimi giorni i nostri telegiornali hanno iniziato a martellarci su un “nuovo” conflitto in Sudan che ha messo in pericolo il personale delle ambasciate occidentali. Ovviamente i tg non sanno andare oltre l’aspetto puramente sensazionalistico. Tranne poi iniziare con il solito leit motiv dell’interesse Russo nel creare gli scontri nel Paese africano.

Per capire le vicende belliche del paese africano vanno cercate, come sempre, le ragioni e i motivi che hanno portato agli scontri attuali, che hanno provocato la fuga del personale delle ambasciate evacuato grazie ad “operazioni pericolose di recupero civili” cosi come narrano i tg nazionali che intervistano i soliti generali (dopo l’era covid il pretesto per far pubblicità al generale si trova sempre).

Per capirne cerchiamo quindi il più classico dei CUI PRODEST; A CHI GIOVA TUTTO CIO??

Cerchiamo di capire cosa è accaduto negli ultimi mesi e le conseguenze logiche poi verranno in maniera automatica.

Intanto bisogna dire che Sudan è senza un parlamento da quando una rivolta popolare ha costretto i militari a rovesciare l’autocrate Omar al-Bashir nell’aprile 2019. Inoltre il Paese è impantanato nel caos politico da quando un colpo di stato militare dell’ottobre 2021 ha fatto deragliare la sua breve transizione verso la democrazia.

Il 1 febbraio 2023 l’esercito, attualmente al potere in Sudan, conclude una revisione di un accordo con la Russia per costruire una base navale sul Mar Rosso nel paese africano.  L’accordo prevedeva che la costruzione del porto in Sudan iniziasse in seguito alla formazione nel Paese di un parlamento e di un governo legittimo capace di ratificare l’accordo. L’accordo consentirebbe alla Russia di stabilire una base navale con un massimo di 300 soldati russi e contemporaneamente mantenere fino a quattro navi della Marina, comprese quelle a propulsione nucleare, nello strategico porto sudanese del Mar Rosso. La base garantirebbe la presenza della marina russa nel Mar Rosso e nell’Oceano Indiano e risparmierebbe alle sue navi la necessità di lunghi viaggi per raggiungere l’area, secondo Viktor Bondarev, ex capo dell’aeronautica russa. In cambio, la Russia fornirà al Sudan armi e attrezzature militari. L’accordo ha una durata di 25 anni, con proroghe automatiche per periodi di 10 anni se nessuna delle parti si oppone.

Già questo dovrebbe aprire le menti più tarate.

Vladimir Putin e il ministro degli Esteri russo Lavrov non sono né stupidi né pazzi. Quindi, perché dovrebbero sostenere un colpo di stato per rovesciare un governo che aveva accettato di consentire alla Russia di costruire una base navale in Sudan sul Mar Rosso?

Facile pensare chi possa avere interessi ad opporsi al fatto che il Sudan permetta alla Russia di costruire una base navale sulle rive del Mar Rosso. Ovviamente gli Stati Uniti e il Regno Unito. Tanto che lo scorso settembre, l’ambasciatore americano appena arrivato in Sudan, John Godfrey, “ha avvertito Khartoum di non permettere alla Russia di stabilire una base navale sulla costa del Mar Rosso, dicendo che avrebbe danneggiato gli interessi del paese e che avrebbe provocato molto probabilmente conseguenze negative con un ulteriore isolamento del Sudan in un momento in cui la maggior parte dei sudanesi vuole raggiungere la comunità internazionale”.

Ecco servito nei tg di questi giorni il tento sbandierato “isolamento del Sudan” tanto sbandierato dall’ambasciatore Statunitense. L’ambasciatore Godfrey ha chiaramente minacciato il Sudan di “conseguenze” negative per aver collaborato con la Russia. È possibile che l’ambasciatore Godfrey o il capo della stazione della CIA offrano a RSF alcuni accordi interessanti se RSF rovesciasse l’attuale governo sudanese e promettesse di fermare i piani per una base russa?

Le considerazioni sono ovvie.

Perché la Russia dovrebbe voler incitare al caos, alla mutilazione e alla morte in Sudan mentre si preoccupa dell'”Operazione militare speciale” in Ucraina, si prepara per la tanto decantata controffensiva ucraina per catturare la Crimea e cerca di fare qualche magia diplomatica per provocare un riavvicinamento tra Turchia e Siria?

I conti non tornano.